Temporali
Temporale a cella singola

Il Glossario dell'Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM), testo di riferimento internazionale in campo meteorologico, definisce così il temporale:

Scariche elettriche improvvise che si manifestano con un lampo di luce (fulmine) ed un suono secco o roboante (tuono). I temporali sono associati alle nubi convettive (cumulonembi) e sono solitamente accompagnati da precipitazioni in forma di rovescio, grandine ed occasionalmente neve.

La definizione riportata dal Vocabolario della Lingua Italiana Zingarelli recita:

"Perturbazione atmosferica locale, di breve durata, accompagnata da raffiche di vento, rovesci di pioggia, talvolta grandine e scariche elettriche."

Queste affermazioni ci permettono di affermare che quando si parla di temporale ci si riferisce ad un insieme di fenomeni e non ad una singola manifestazione atmosferica, che mostra caratteristiche di rapidità, elevata intensità, spesso violenza, e che si sviluppa su aree relativamente ristrette. Sono queste le caratteristiche che si traducono in rischi per l'uomo e le sue attività, le infrastrutture ed il territorio. Dal punto di vista meteorologico il temporale non è altro che una termica sovra-sviluppata. La termica è una bolla d' aria calda che si solleva rispetto all'aria  circostante perché più leggera Nasce sotto l'azione dei raggi solari che scaldando il suolo provocano la formazione di bolle di aria calda che per svariati motivi si innalzano nella libera atmosfera. Il movimento secco che determina la sua ascesa viene denominato innesco e può essere dovuto al passaggio di un' automobile, alla presenza di un rilievo ecc... I terreni più favorevoli alla formazione delle termiche sono quelli più scuri quali  campi arati, parcheggi e terreni asfaltati in genere. Perché una termica si renda visibile è necessario che la bolla di aria calda raggiunga il punto di condensazione dando origine ad una nube cumuliforme. Se al contrario durante la sua salita la termica incontra strati di aria più secca che ne inibiscono la formazione si parlerà di termica blu o termica secca perché essa risulterà invisibile. I temporali possono svilupparsi quasi ovunque sul nostro pianeta quando sussistono le condizioni atmosferiche per la loro formazione. Alcune zone della Terra sono soggette a fenomeni più violenti, come ad esempio Mid-west degli Stati Uniti, dove le forze in gioco (l'aria fredda canadese e l'aria caldo-umida proveniente dal Golfo del Messico) creano contrasti talmente marcati da essere unici. La violenza dei fenomeni temporaleschi in Europa è attenuata dai contrasti termici meno accentuati e dall’orografia che gioca un ruolo fondamentale soprattutto su un territorio come quello Italiano.

I dati registrati da CESI-SIRF indicano che la maggior parte dei fenomeni temporaleschi che si sviluppano in Lombardia nel corso di un anno sono distribuiti nel periodo che va dalla fine del mese di marzo alla fine del mese di ottobre. Rare se non quasi inesistenti le probabilità della formazione di un temporale nei mesi di novembre, dicembre, gennaio, febbraio ed inizio di marzo.

Nel trimestre che va dal mese di giugno al mese di agosto sulla Lombardia cadono mediamente 11.000 fulmini ed il 30% delle giornate sono interessate da fenomeni temporaleschi (naturalmente il maggior numero di temporali nasce sui rilievi).

Nell’arco delle ventiquattro ore possiamo dire che i temporali si sviluppano:

- In percentuale maggiore nelle ore pomeridiane comprese fra le 15:00 e le 17:00

- In percentuale non trascurabile nelle ore serali comprese fra le 22:00 e le 02:00

- In percentuale minima nelle ore mattutine comprese fra le 09:00 e le 11:00.



Cause dei temporali

Gli ingredienti che permettono lo sviluppo di una cella temporalesca sono fondamentalmente: aria calda e umida nei bassi strati ed aria secca negli strati alti della troposfera. L'aria calda ed umida presente al suolo verrà sospinta verso l'alto, dall'arrivo di aria più fredda che ci si incunea sotto, si raffredderà e raggiunta la quota di saturazione condenserà rilasciando calore latente, il quale fornirà l'energia essenziale per conferire la forza convettiva (le masse di aria circostanti si riscaldano ulteriormente) necessaria affinchè l'updraft del sistema possa accelerare verso l'alto. Un indice per valutare la quantità di vapore acqueo a livello del suolo è la temperatura del punto di rugiada. Quanto più il suo valore si avvicina alla temperatura effettiva dell'aria tanto più l'atmosfera sarà carica di umidità. Una situazione meteorologica veramente afosa ed opprimente la si può avere per esempio quando la temperatura  effettiva dell'aria è di 35°C ed il punto di rugiada (dew point) è di 27°C. La quantità di vapore acqueo presente negli alti strati viene registrata per mezzo dei radiosondaggi. Visto che la maggior parte delle persone non ha la possibilità di effettuare dei radiosondaggio, pur non essendo un metodo scientifico, un indice per valutare la quantità di vapore acqueo negli alti strati dell'atmosfera può essere l'osservazione delle scie lasciate dagli aerei. Ricordando che la scia lasciata da un aereo non è altro che una nube cirriforme dovuta al contrasto termico fra l'aria fredda circostante e quella calda rilasciata dai motori possiamo dire che una scia molto lunga è indice di stabilità atmosferica e alto tasso di umidità. Al contrario una scia corta è sinonimo di atmosfera instabile e tasso di umidità molto basso.

Quando le condizioni sopra citate (aria secca in quota e caldo umida al suolo) vengono a mancare o risultano essere insufficienti anche il passaggio di un fronte freddo può non dar luogo a fenomeni temporaleschi.

In presenza delle condizioni sopra citate (aria secca in quota e caldo umida al suolo) anche in condizioni di alta pressione si può avere la formazione di celle temporalesche.

Instabilità atmosferica. Quando la temperatura diminuisce, con l'aumentare della quota, con maggior velocità rispetto al raffreddamento adiabatico secco e cioè con valori superiori a 1°C ogni 100 metri. In presenza di instabilità atmosferica quindi l'aria calda al suolo viene invitata a salire essendo più leggera di quella che la circonda.

Atmosfera neutrale. Quando invece la temperatura diminuisce, con l'aumentare della quota, con velocità pari velocità al raffreddamento adiabatico secco e cioè di 1°C ogni 100 metri di quota, si ha che l'aria in risalita ha la stessa temperatura di quella che la circonda. L'atmosfera è quindi neutrale e le termiche che si formano salendo perdono energia mescolandosi all'aria circostante.

Stabilità atmosferica. Quando la temperatura diminuisce, con l'aumentare della quota, con minor velocità rispetto al raffreddamento adiabatico secco e cioè con valori inferiori a 1°C ogni 100 metri. In questo caso la termica sarà composta da aria più pesante di quella circostante e la bolla d'aria tenderà a scendere verso la sua posizione iniziale.

Una termica si stacca dal suolo quando l'atmosfera circostante è instabile, ma se l'umidità relativa risulterà insufficiente essa non riuscirà a creare una nube che aggregandosi poi ad altre darà origine ad una cella temporalesca. E' necessario quindi avere un' umidità relativa generalmente superiore al 40%-50% (più alta è l' umidità al suolo più alto sarà il punto di rugiada) in modo da facilitare alla termica il raggiungimento del suo punto di condensazione. Occorre anche che non ci siano strati di aria più stabile e secca che frenerebbero l' ascesa della termica.

Riassumendo, per la formazione di un temporale occorrono:

1) innesco: dato da un qualsiasi moto verticale (che dipende dalla tipologia del temporale) che sollevi l'aria oltre il punto di condensazione e in molti casi oltre il punto di libera convezione (questo livello sarà più basso quanto maggiore sarà l'umidità di quella massa d'aria);

2) umidità relativa sufficientemente alta al suolo che consenta il continuo approvvigionamento di aria caldo-umida alla termica;

3) assenza di strati di inversione e strati di aria secca fra il suolo e l'alta atmosfera;

4) assenza di venti forti (generalmente superiori a 40 km/h) che inibiscono la formazione della termica.



Ciclo vitale di un temporale a cella singola

Il temporale è costituito da un’insieme di celle temporalesche il cui diametro non supera quasi mai i 10 km. Ogni cella temporalesca ha un proprio ciclo di vita le cui fasi possono essere così riassunte:

1) stadio di formazione o fase di cumulo A seguito dell'innesco (che a seconda della natura del temporale può cambiare), l'aria calda ed umida presente al suolo viene sollevata (inflow). Quando la massa d’aria in sollevamento raggiunge e supera la quota di condensazione (Dewpoint) inizia la formazione della nube (cumulus mediocris). Grazie al rilascio del calore latente durante la condensazione la massa d’aria subisce un riscaldamento che favorisce ulteriormente la sua risalita e ne aumenta la velocità verso l’alto. Durante questa fase le intense correnti ascendenti all’interno della nube (updraft) mantengono in sospensione le goccioline d’acqua o i cristalli di ghiaccio.


Cumulus mediocris

Cumulus congestus

Cumuloninbus calvus

L’updraft dai 10-15 km/h iniziali alla base della nube, si porta rapidamente ai 35 km/h quando giunge a 2000-3000 metri di altezza. Lo sviluppo verticale della nube, che trasforma il cumulus mediocris incumulus congestus, sta ad indicare che non ci sono strati di aria calda stabile e nemmeno strati di inversione.

La velocità di risalita aumenta ancora riuscendo, in molti casi, a raggiungere i 100 km/h. La nube cresce e diventa come una pompa che risucchia aria calda dal basso (updraft) che poi si raffredda alla sua sommità. Il cumulus congestus si trasforma in cumulunimbus calvus.

2) lo stadio di maturità Spinta dalle forti correnti ascensionali la bolla d'aria continua la sua veloce risalita fino a quando la sua temperatura è maggiore di quella dell'aria che la sovrasta. La nube può raggiungere estensioni verticali nell’ordine dei 10000 - 12000 metri. Quando la sommità del cumulonimbus calvus raggiunge il limite della troposfera inizia a diffondersi orizzontalmente non appena incontra le correnti a getto (jet stream) che la spezzano facendole assumere la tipica figura a incudine (Cumulonimbus capillatus o cumulonimbus incus).

Durante questa fase le goccioline di pioggia sopraffuse o i cristalli di ghiaccio vengono sollevati dalle correnti ascensionali (updraft) fino alla sommità della nube e giunte in corrispondenza della divergenza orizzontale, uscendo dalla traiettoria verticale delle correnti ascensionali, cadono verso il suolo (downdraft) ma incontrano nuovamente le correnti ascensionali esterne alla nube (inflow) che le risucchiano portandole nuovamente all’interno (updraft). Questi cicli di salita e di discesa continuano a ripetersi accrescendo le dimensioni della gocciolina di acqua o del cristallo di ghiaccio.

Quando la dimensione ed il peso di ogni singola goccia è tale per cui le correnti ascensionali non sono più in grado di sostenerle, all’interno della nube, cadono al suolo.

Siamo in presenza dello stadio di totale maturità (cumulunimbus incus) in cui le precipitazioni piovose o grandigene nella loro discesa trascinano con se l’aria andando a creare le correnti discensionali fredde (downdraft) che giunte a terra divergono al suolo (outflow) manifestandosi in pericolosi colpi di vento. Le precipitazioni relative sono a carattere di rovescio accompagnate da lampi, tuoni e a volte grandine se il temporale è particolarmente intenso.


Cumuloninbus capillatus

Cumuloninbus incus

I violenti moti verticali in seno alla massa d'aria generano anche un altro effetto: la separazione delle cariche elettriche positive e negative con la conseguente generazione di enormi differenze di potenziale all'interno della nube e tra nube e suolo. Sembra essere questa la causa dei fulmini. La durata totale di questa fase è mediamente nell’ordine dei 30 minuti.

3) lo stadio di dissolvimento si raggiunge quando la discesa di aria fredda e più secca (downdraft) gradualmente prende il sopravvento sulla risalita di aria caldo-umida (updraft). Si interrompe così l’apporto di vapore acqueo alla cella temporalesca. Le precipitazioni piovose diminuiscono di intensità e gradualmente si esauriscono. La cella temporalesca collassa e la nube cumuliforme si dissolve almeno parzialmente. Non sempre si giunge alla fase di dissolvimento in tempi brevi in quanto può capitare che i forti venti presenti in quota modifichino le correnti all'interno della nube facendo si che l'aria fredda raggiunga il suolo distante dal nucleo originario e forzi un nuovo sollevamento di aria caldo-umida. In questo modo, in una sorta di reazione a catena, la cella temporalesca si rigenera su nuove aree e si allunga la durata complessiva dei fenomeni (tipico nei temporali prefrontali).

Le celle temporalesche si presentano in successione lungo la direzione del vento e lo sviluppo di una nuova si genera quando l’ultima è nella fase di pioggia e le correnti fredde discendenti (outodraft e outflow) sono attive. Questa corrente di aria fredda si incunea sotto l’aria caldo-umida, presente al livello del suolo, e sollevandola innesca un nuovo stadio di formazione (o cumulo) come la punto 1.

In base al diverso “innesco” che permette il loro sviluppo, i temporali possono essere divisi in due categorie:

1) TEMPORALI FRONTALI: Generati dal sollevamento di masse d’aria lungo le superfici frontali a loro volta sono classificati come:

   a) temporali da fronte freddo: Sono i più violenti e generati dall’aria fredda che incuneandosi sotto l’aria calda la solleva bruscamente innescando il moto convettivo che porterà alla formazione della cella temporalesca. L'aria caldo-umida stagnante al suolo viene forzatamente sollevata da un cuneo di aria più fredda che accompagna al suolo il passaggio di un fronte freddo. La massa d'aria sollevata viene posta nelle condizioni di liberare la propria instabilità mediante una rapida condensazione e con la conseguente cessione di calore latente. I temporali da fronte freddo si possono formare a qualunque ora del giorno interessando vaste aree con precipitazioni anche violente ed una sensibile diminuzione delle temperature. Questi fenomeni temporaleschi di norma sono preceduti da una situazione di atmosfera opprimente (afa) e da una diminuzione della pressione anche sensibile dovuta al sollevamento dell'aria caldo-umida a cui segue, dopo l’esaurimento delle precipitazioni, una brusca risalita della pressione atmosferica, temperatura in forte calo ed ottima visibilità dovute al rovesciamento a terra dell'aria fredda.

   b) temporali di fronte caldo: Generalmente si sviluppano a quote superiori rispetto ai precedenti quando una massa d’aria instabile risale la superficie di un fronte caldo. Si generano cadute di pressione lente e graduali ed un aumento, anche considerevole, della temperatura dopo il suo passaggio. Se, durante i mesi estivi, il fronte caldo in transito è molto consistente (nuvolosità stratificata compatta) sarà molto probabile che anche il fronte freddo, che di norma lo segue, sia molto intenso. Grazie al gradiente termico elevato è molto probabile lo sviluppo di temporali prefrontali se in coda al fronte caldo compaiono nubi a sviluppo verticale indice di atmosfera potenzialmente instabile.

   c) temporali prefrontali: Si formano, nel settore caldo di un sistema depressionario attivo, dopo il passaggio del fronte caldo e prima dell'arrivo del fronte freddo. Poichè nel settore caldo di un ciclone attivo l'aria presente nei bassi strati è estremamente calda ed umida si rende disponibile una notevole quantità di energia che si potrà trasformare in fenomeni molto violenti.
Generalmente i temporali prefrontali si organizzano lungo mesolinee (più spesso beta) che si muovono parallelamente davanti al fronte freddo in avanzamento con direzione che da Ovest-Sudovest vanno verso Est-Nordest. I temporali prefrontali possono tuttavia assumere anche forma tondeggiante. Se il fronte freddo è abbastanza vigoroso e veloce esercita un effetto spinta sulla massa d’aria calda che lo precede innescando per riflesso cumologenesi molto avanzate che aumenteranno lo spessore effettivo del fronte stesso. Quando si forma un minimo depressionario (termico) sulla Valpadana si potrà avere un richiamo di aria calda e umida dai quadranti meridionali (SSE-ESE-SE-S) in risalita sull’Alto Adriatico che spesso è ben evidente fra i 700 hPa e gli 850 hPa e prende il nome di conveyor belt. Il conveyor belt è evidenziato da una fila di cumuli, stratocumuli o fractocumuli (i tre tipi di nubi si presentano contemporaneamente quando il valore del Dewpoint è molto elevato) piuttosto bassi che dal mare si spostano velocemente verso terra, apportando aria molto calda ed umida, su una direttrice Sudest nordovest. Il conveyor belt lo si può immaginare come un fiume d'aria, avente una larghezza di circa 100 km, con limitato spessore e correnti abbastanza forti nell’ordine dei 50-70 Km/h, lungo il quale si formano i temporali prefrontali e che ne seguiranno il moto. Le celle temporalesche che nasceranno avranno l’asse verticale obliquo (dovuto alla velocità di spostamento in quota del conveyor belt) quelle potenzialmente le più pericolose perché possono essere accompagnate da forti colpi di vento e caduta di grandine. Le prime celle temporalesche, durante lo stadio di dissolvimento ma prima del collasso, tenderanno a figliarne altre lungo la direzione del vento dando vita ad una linea temporalesca (squall line) secondo un processo detto retroazione dinamica. Le correnti discendenti all’interno della cella temporalesca (downdraft) ed associate alle precipitazioni una volta raggiunto il suolo si trasformano in correnti orizzontali (outflow) il cui bordo avanzante (gust front) solleva nuova aria che, in condizioni di temperatura ed umidità favorevoli, origina una nuova cella temporalesca.

2) TEMPORALI DI MASSE D'ARIA: Si originano all’interno di masse d’aria omogenee, in presenza di condizioni di instabilità atmosferica e sono generalmente associati a singoli cumulonembi ben visibili anche da lontano. I temporali di masse d’aria si suddividono in:

   a) temporali termoconvettivi (o di calore): Sono i più comuni e trovano la loro origine nei moti termoconvettivi che, in presenza di un adeguato contenuto di vapore, danno luogo allo sviluppo della nube temporalesca. Questi temporali hanno carattere prettamente locale. L'aria umida e stagnante nei bassi strati, a causa del riscaldamento solare nelle ore diurne, inizia a salire spontaneamente verso l'alto soprattutto se alle quote superiori incontra una massa di aria instabile, piuttosto che una lieve saccatura o comunque una struttura anticiclonica molto blanda. Il campo anticiclonico al suolo deve essere caratterizzato da valori barici non particolarmente elevati (compresi fra 1012 e 1018 hPa) e comunque in grado di garantire che la massa d’aria ristagni in modo che possa riscaldarsi ed umidificarsi sufficientemente. L’innesco che renderà instabile la massa d’aria presente al suolo costringendola a salire (quindi raffreddare, condensare e creare precipitazioni), potrà derivare dall’infiltrazione di aria fresca proveniente dalle vallate alpine, piuttosto che da fresche correnti occidentali o da gocce fredde in transito ad alta quota. I temporali di calore sono prerogativa delle aree di pianura, soprattutto quelle interne e a ridosso dei rilievi, e si formano solo nelle più ore calde della giornata portando un temporaneo refrigerio. La loro durata è media è di circa un’ora.

   b) temporali orografici: Sono generati da un iniziale sollevamento forzato di una massa d’aria costretta a scorrere lungo il pendio di un rilievo. La loro localizzazione è lungo le catene montuose dove danno luogo a forti precipitazioni e severa turbolenza. Sul versante italiano dei rilievi alpini l'aria calda ed umida presente nei fondovalle delle aree pedemontane è trasportata verso il pendio da un'attiva circolazione di tipo ciclonico generalmente proveniente da Sud ovest. I temporali orografici possono svilupparsi in qualsiasi momento del giorno anche se spesso prediligono le ore pomeridiane in quanto la temperatura al suolo è più elevata.

   c) temporali di avvezione convergenti: Sono generati dalla convergenza di masse d’aria con caratteristiche diverse. Generalmente sono localizzati nel settore caldo di un ciclone attivo. L’innesco dei moti verticali è provocato dallo scorrimento di aria fredda su superfici più calde. Sono i tipici temporali delle zone costiere nelle ore notturne quando la differenza termica fra il mare e la terraferma è più accentuata. Il cielo a volte ci manda dei segnali premonitori che possono annunciare la formazione di un temporale. Il più comune  è la comparsa durante l’arco della mattinata di Altocumulus Castellanus dalla classica forma a torretta che indicano instabilità nell'atmosfera e preludono la formazione di temporali nelle ore pomeridiane.


Altocumulus Castellanus

Altri segnali si possono leggere dal movimento dei cumuli in quota: un movimento da NE a SW indica buone possibilità che si verifichi un temporale. Un movimento da W o NW prelude stabilità questo in caso di temporali di calore. Un movimento da ovest indica l'inizio dei primi fenomeni durante i temporali frontali.

Anche la visibilità è importante: Un aumento della foschia indica maggiore umidità presente nell'aria nei bassi strati quindi maggior “combustibile”, che se innescato, andrà ad alimentare fenomeni temporaleschi anche di notevole intensità.

Un miglioramento della visibilità, al contrario, prelude l' arrivo di correnti fresche ma secche che inibiranno la convezione e toglieranno umidità nei bassi strati. Infine la pressione: prima dell' arrivo del temporale si assiste ad un calo della pressione atmosferica nell’ordine dei 1-3 hPa seguito poi da un aumento del valore pressorio durante i primi rovesci.
Osservare un temporale significa localizzarlo, stabilirne le caratteristiche e seguirne l’evoluzione. A questo scopo i servizi meteorologici così come la Protezione Civile hanno a disposizione diversi strumenti di telerilevamento, ciascuno dei quali con una propria capacità osservativa in termini di efficienza, risoluzione e precisione.

Il satellite meteorologico Meteosat permette di osservare i corpi nuvolosi dall’alto (da circa 36.000 km di distanza). I nuclei temporaleschi appaiono di dimensioni relativamente ridotte, di forma in parte rotondeggiante e dai contorni netti, di una tonalità più brillante rispetto alle nubi circostanti. I limiti delle immagini satellitari sono l’impossibilità di cogliere i dettagli più piccoli e di distinguere le aree interessate da precipitazioni. Inoltre la frequenza di acquisizione delle immagini, ogni mezz’ora, risulta spesso insufficiente vista la rapidità con cui nasce, cresce e muore una cella temporalesca.

Misurando l’attenuazione subita da un segnale elettromagnetico nell’interazione con le precipitazioni, il radar meteorologico riesce a stimare in tempo reale l’intensità di in un raggio di 150–300 km con un dettaglio di circa un chilometro. Molto efficace, ai fini di rilevarne lo spostamento spazio-temporale, risulta essere la rete di rilevamento dei fulmini costituita da sensori in grado di localizzare le scariche elettriche con estrema precisione e segnalarle in tempo reale. Questo sistema però non da nessuna informazione riguardante il tipo e l’intensità delle precipitazioni.

Le stazioni meteorologiche rilevano in tempo reale il tipo di precipitazione, la sua durata, la sua intensità, l’accumulo totale al suolo. Tuttavia non risultano particolarmente idonee al monitoraggio dei sistemi temporaleschi in quanto non possono coglierne la forte variabilità spazio-temporale. A tutti questi strumenti si può affiancare l’osservazione diretta, o sensoriale, effettuata da un operatore sul campo ed importante per intraprendere eventuali azioni di protezione a livello locale in tempi sufficientemente brevi. Ecco dunque alcuni suggerimenti.

Il possibile innesco di un temporale si riconosce dal: rapido sviluppo di nubi cumuliformi di forma rigonfia e contorni netti.
Potenzialmente questi cumuli possono trasformarsi in nubi temporalesche. I rovesci di pioggia avranno inizio solo dopo che la nube avrà raggiunto i 4-5 km di sviluppo verticale e non prima che sia trascorsa almeno mezz’ora dall’inizio della sua formazione.

Ricordando che una cella temporalesca nello stadio di maturità può raggiungere una velocità di spostamento nell’ordine dei 30 o 40 km/h, occorre effettuare una verifica visiva della traiettoria percorsa dalle nubi per valutare quale direzione prenderà il nucleo temporalesco. Nel caso di un temporale notturno si potrà verificarne la traiettoria seguendo quella della fulminazione oppure misurando il tempo che intercorre fra la vista del fulmine ed il rumore del tuono. Se, in successive misurazioni, il tempo diminuisce significa che il temporale è in avvicinamento. Al contrario se il tempo aumenta vuol dire che il temporale si sta allontanando. Ricordiamo inoltre che mediamente un tuono non è udibile se la sua distanza dall’osservatore è superiore ai 10-12 Km.

Una regola generale che vale nel campo delle previsioni meteorologiche ha valenza anche quando si tratta di prevedere lo sviluppo e la formazione di un temporale.
Questa regola dice che: “Più il dettaglio della previsione è spinto, ridotte sono le dimensioni spazio-temporali del fenomeno di interesse e più breve è l’anticipo con cui si può sperare di ottenere una previsione corretta, e viceversa”.

La previsione dei temporali, essendo fenomeni con dimensioni spazio-temporali molto ridotte, è molto difficoltosa e prevederne la localizzazione, la durata e l’intensità con largo anticipo è praticamente impossibile.

A scadenze maggiori (fra 24 e 72 ore) è ragionevole attendersi solamente la previsione dei fenomeni che potenzialmente potrebbero causare la formazione dei nuclei temporaleschi (ad esempio il transito di un fronte freddo, di una goccia fredda in quota, di una perturbazione o di una depressione) se le condizioni di temperatura ed al suolo, di instabilità atmosferica sono favorevoli. Quindi per effettuare laprevisione dei temporali a breve o brevissimo termine ci si affida quasi esclusivamente all’osservazione diretta sul campo o indirettamente per mezzo dei radar meteorologici attraverso i quali si può estrapolare, per le successive 1 o 2 ore, l’evoluzione, la direzione, la velocità di spostamento, la variazione di intensità e di estensione di una cella temporalesca già formata. Mediante i dati registrati da un radiosondaggio, che misura il profilo verticale della temperatura, dell’umidità e del vento, si possono calcolare un certo numero di indici che forniscono la probabilità dello sviluppo di temporali per le successive 6-12 ore ma non sicuramente la loro localizzazione spazio-temporale.

Le previsioni superiori alle 12 ore sono affidate ai modelli matematici che, descrivendo in termini di equazioni i principi fisico–dinamici che regolano i moti e le trasformazioni dell’atmosfera, sono in grado di simulare l’evoluzione delle condizioni atmosferiche partendo da uno stato iniziale determinato mediante le osservazioni strumentali.

I modelli meteorologici, nonostante i continui progressi ed evoluzioni, mostrano ancora notevoli lacune ed è quindi necessario utilizzarli con senso critico integrandoli con informazioni supplementari quali le previsioni aggiornate ed emesse dal servizio meteorologico e ripetutamente integrate con le osservazioni a livello locale.

Un buon ed informato osservatore è in grado di riconoscere la presenza dei sintomi caratteristici che porteranno le condizioni meteorologiche ad essere favorevoli allo sviluppo di temporali. Riassumendo possiamo dire che i principali sintomi sono:

1)  già al primo mattino si formano delle nuvole molto sviluppate verticalmente o si notano nubi del tipo altocumulo castellano.

2)  nelle ore pomeridiane la temperatura al suolo è molto elevata (28-35°C).

3)  persiste o aumenta la foschia e si avverte la presenza di afa tutti sinonimi di alto tasso di umidità (deve essere almeno 45-50%).

4)  nelle ore pomeridiane con temperature al suolo comprese fra 30 e 35°C il Dewpoint deve essere compreso fra 20 e 25°C.

5)  si rileva un calo della pressione atmosferica nell’ordine dei 3-4 hPa. Il valore di pressione comunque non deve essere troppo basso ed indicativamente compreso fra 1010 e 1015 hPa.

6)  venti al suolo deboli o nulli per favorire la formazione delle termiche.

7)  presenza di instabilità atmosferica alle medie altitudini per favorire ed accentuare le correnti ascensionali.

8)  aria fredda e secca in quota (la scia lasciata da un aereo se molto lunga è indice di stabilità atmosferica e alto tasso di umidità. Al contrario una scia corta è sinonimo di atmosfera instabile e tasso di umidità molto basso).

9)  il cielo tende a scurirsi ed il vento al suolo aumenta e gira in direzione dell’ammasso nuvoloso cumuliforme.

Temporale a Multicella

I temporali a multicella differiscono dal tipo a cella singola per la presenza di una serie di correnti ascendenti pulsanti e separate (updraft) che mantengono in uno stato più o meno stazionario la forza e la struttura globale della nube temporalesca. Queste pulsazioni possono variare dalle decine di secondi alle decine di minuti ed essere osservate come nubi torreggianti separate ed in ascesa. La base del temporale a multicella sarà solida ed unica ma le singole celle matureranno come eventi separati apportando il loro contributo distinto alla struttura di precipitazione ed alla formazione dell’anvil. Il sistema nuvoloso è molto variabile quando si considerano la forza, la lunghezza degli intervalli ed il numero delle pulsazioni. Il temporale a Multicella è un ottimo ambiente per osservare il ciclo vitale convettivo in continua evoluzione.

Come nel temporale a cella singola, anche nel temporale a Multicella, sono presenti i tre stadi: quello di formazione (o fase di cumulo), quello di maturità e quello del dissolvimento. La caratteristica del temporale a Multicelle è che la nuova cella in formazione nasce dalla cella che l'ha preceduta durante il suo stadio di dissolvimento. Ciascuna cella nasce dall'updraft dominante che per tutta la durata del suo stadio di maturità sarà anche la parte più attiva e vitale del temporale. Questo sistema temporalesco rimane in vita grazie ad un processo ininterrotto le cui componenti sono le singole celle temporalesche che passano attraverso il proprio ciclo evolutivo.

Gli updraft (1-2-3) all'interno del sistema sono separati e trovano alloggiamento nella parte posteriore rispetto alla direzione dello spostamento di tutta la struttura temporalesca. Il temporale a Multicella può sopravvivere anche per molte ore grazie al bilancio quasi stazionario fra gli updraft ed i downdraft (4-5-6). A causa della natura pulsante di questo temporale gli effetti  che si hanno al suolo possono risultare discontinui sia per durata che per intensità. Il sistema solitamente si propaga sulla destra, di circa 20 gradi, rispetto al flusso principale ed alla direzione dello spostamento.

Temporale a Supercella classica

La Supercella è in assoluto il più pericoloso ed il più potente fra tutti i tipi di temporale e si distingue dagli altri per la presenza di un updraft rotante ovvero di un mesociclone. E' causa di fenomeni meteorologici estremi come pioggia intensa o nubifragi, alluvioni lampo, grandine di grandi dimensioni, venti forti ed a volte trombe d’aria. La formazione di una Supercella richiede la concomitanza di numerosi eventi ed è per questo motivo che in Italia è un fenomeno relativamente raro che spesso viene scambiato con temporali particolarmente violenti. Una supercella ha un estensione geografica molto vasta, nell'ordine delle centinaia di chilometri quadrati, ed ha una vita autonoma che talvolta non è coerente con la circolazione nella media troposfera (deviazioni dalla direttrice di moto standard relativa alla sinottica generale indotta dalla forza di rotazione della supercella stessa).

Formazione di una supercella.

All’interno delle celle temporalesche il sistema delle correnti spesso non è ordinato secondo il classico schema della cella convettiva (correnti calde ascendenti e correnti fredde discendenti) a tal punto che ogni cella temporalesca tende ad interferire con le correnti di una cella adiacente. In questo caso si può dire che si disturbano a vicenda, impedendo così lo sviluppo di una singola cella o cella altamente organizzata. Ma se si dovessero creare le condizioni per lo sviluppo di una sola singola cella, allora il discorso cambierebbe completamente. In questo caso il cumulonembo che si sviluppa prende il nome scientifico di Supercella ed è costituito solo da due sistemi di correnti su vasta scala. Le condizioni favorevoli allo sviluppo di supercelle possono essere così semplificate:

1) forte contrasto termico sulla verticale dell’area frontale (gradiente termico verticale), cioè tra la massa d’aria fredda in arrivo e quella caldo umida al suolo in fase di sollevamento. L’aria calda, leggera e umida, si scontra con aria più fredda, più pesante e secca e viene sollevata velocemente verso l’alto tanto più rapidamente quanto maggiore è la differenza di temperatura

2) notevole riscaldamento del suolo favorito dal clima continentale delle grandi pianure tra le quali, sotto tale aspetto, può essere inclusa la Pianura Padana.

3) forte differenza dei valori igrometrici quota-suolo tra la massa d’aria entrante costituita da aria secca e quella in sollevamento costituita da aria umida.

4) corrente a getto (jet strema) in quota, o quanto meno ai livelli medio-alti della troposfera, che contribuisce alla ciclogenesi nei bassi strati ed accelera la convezione favorendo così l'insorgere di grandinate e tornado.

5) osservazioni dal vivo e simulazioni al computer suggeriscono che il cambiamento del vento con la quota (wind shear) nei bassi livelli favorisce la rotazione all'interno del cumulonembo. In particolare, se il vento è sufficientemente forte (almeno 50 km/h) e c'è un sufficiente wind shear verticale, fra i due strati d'aria che scivolano uno sull'altro (da direzioni diverse) si creano delle rotazioni orizzontali a forma cilindrica che di per sè sono innocue. Esse nascono anche quando i venti a diverse quote spirano dalla stessa direzione ma con intensità via via crescente con l'altezza. Tuttavia, l'eventuale comparsa di moti convettivi e successivamente dei temporali possono raddrizzare secondo un asse verticale questi cilindri in rotazione che verranno assorbiti dalla corrente ascensionale del temporale in modo che essa cominci a ruotare minacciosamente. La rotazione si rafforza nel temporale e si organizza divenendo più stretta ma molto più intensa poichè gli updrafts diventano stretti e tesi a causa dall'accelerazione dell'aria ascendente a sua volta indotta dal wind shear. Oltretutto l’improvviso intervento in quota della corrente a getto determina un deciso aumento della convergenza al suolo (incontro di masse d’aria con differenti caratteristiche e provenienza), favorendo così lo sviluppo di un asse di rotazione all’interno del cumulonembo. In tal modo l'updraft si trasforma in un mesociclone, alla cui estremità inferiore potrà comparire una minacciosa Wall Cloud (nube a muro) foriera di tornado. La rotazione del mesociclone quindi deriva dal trasferimento di vorticità positiva (capacità dell'aria a ruotare su un asse) dall'inflow all'updraft. Il potenziale per una rotazione è più alto quando l'aria entrando nel temporale gira nettamente sulla destra con l'altezza. Questo avviene grazie al Wind Shear positivo, ovvero al fatto che il sistema temporalesco si muove da Ovest con un inflow da Sud.

La supercella è un sistema autoalimentato poichè la rotazione favorisce la convezione e viceversa. Nelle supercelle quindi non è presente la rigenerazione, fenomeno tipico degli altri tipi di temporali. Inoltre una Supercella non è un temporale multicellare anche se non è escluso che possano convivere due mesocicloni al suo interno. Una volta che il temporale è completamente formato agisce come una barriera alle correnti orizzontali incrementando la sua rotazione. Un'influenza finale arriva quando una fase più severa conduce un intenso downdraft ad interagire con l'updraft adiacente creando così un vortice più piccolo all’interno del mesociclone. Quest'ultima spinta a favore del mesociclone può essere osservata da lontano come una fase di burst (alla base del Cb) e di overshooting top (cupola al di sopra dell'incudine) che poi collassa. Contemporaneamente la corrente dietro il temporale viene deviata verso il terreno (Rear Flank Downdraft, RFD) in modo che possa spingere la flanking line nella direzione dello spostamento della Supercella incrementando ulteriormente la rotazione del mesociclone. Quest'ultima fase dura dai 10 ai 20 minuti iniziando dopo che la cupola del più intenso updraft si è ulteriolmente indebolita. L’aumento della rotazione da parte del mesociclone è individuabile nell’aumento della rotazione della Wall Cloud dalla quale potrebbe anche svilupparsi un Funnel Cloud con l'eventuale progressione in tornado.

Riepiloghiamo le condizioni ideali per lo sviluppo delle Supercelle:

1) forte updraft

2) aria caldo-umida nei bassi strati

3) vento che gira verso destra con l'altezza (wind shear positivo)

4) forti venti alla sommità della nube (corrente a getto)




Principali differenze fra una Supercella ed una normale cella convettiva:


1) tutto il cumulonembo del temporale a supercella ruota lentamente in senso antiorario, quindi con rotazione ciclonica nell'emisfero nord. Le supercelle contengono un mesociclone ovvero un ciclone a mesoscala (compreso in una scala di grandezza che va da 4 km a 400 km) prodotto dalla continua caduta di ressione all’interno del temporale che aumenta la velocità di rotazione della supercella stessa. Il moto rotatorio, estendendosi verso l'alto e verso il basso e venendo a contatto con il terreno, può generare vortici di diametro minore ma estremamente distruttivi noti con il nome di tornado o trombe d'aria.

2) le correnti discendenti invece di divergere all'esterno come outflow vengono in parte richiamate all'interno del temporale, grazie al mesociclone, portando così alla formazione della Wall cloud. Sottolineiamo però che non tutte le Supercelle posseggono una Wall Cloud.

3) i temporali a Supercella possono rimanere bloccati per ore sulla stessa zona geografica prima di spostarsi o attenuarsi: in tali aree esistono quindi fenomeni di convergenza e di imbuto geografico. Le supercelle possono collassare per:

1) un indebolimento del flusso in quota

2) per il cambio di direzione del flusso in quota

3) per un qualunque motivo o causa esterna che inibisce il windshear verticale favorevole

4) per un indebolimento del flusso in quota contemporaneo ad una intensificazione di quello al suolo. In tal caso accade che in quota venga stimolata la subsidenza dei moti convettivi per accumulo di pressione negli strati superiori in diffusione verso il basso. Spesso le Supercelle in fase di esaurimento si trasformano in una normale cella temporalesca prima di collassate.



Struttura di un temporale a Supercella

Analizziamo la struttura di una Supercella Classica (Classic Supercell) che, per intensità e dimensioni, rappresenta una via di mezzo fra le HP Supercell (High Potential Supercell) e le LP Supercell (Low Potential Supercell). Sul suolo italiano le categorie di supercelle che si possono formare sono la Supercella Classica e la Low Potential Supercell mentre la High Potential Supercell, la più violenta e pericolosa, è praticamente impossibile che possa nascere.


Sezione semplificata di una Supercella

La supercella è la forma di temporale più complessa ed il suo movimento, il più delle volte, prende la direzione lungo l’asse sud ovest- nord est e guardando la sua struttura da un punto di vista posto a sud o sud-est si hanno nell’ordine:

  1) sul fronte anteriore rispetto all’avanzamento le prime precipitazioni in quota (virga) che non riescono a raggiungere il suolo

  2) pioggia debole che mediamente copre una superficie di circa 10-15 Km.

  3) pioggia moderata che mediamente copre una superficie di circa 10 Km.

  4) pioggia intensa che a volte può essere a carattere di nubifragio e provocare alluvioni lampo. La pioggia intensa mediamente copre una superficie di circa 15-20 Km.

  5) grandine con chicchi di piccole dimensioni che mediamente copre uno stretto settore con una superficie nell’ordine dei 5-7 Km.

  6) grandine con chicchi di media o grande dimensione che mediamente coprono uno stretto settore con una superficie nell’ordine dei 3-5 Km.

  7) dietro le precipitazioni grandigene si ha la formazione delle nubi "Tail Cloud" e "Wall Cloud" che precedono l’eventuale formazione di una tromba d’aria.

  8) successiva al passaggio dell’eventuale tromba d’aria si ha una zona caratterizzata da nuvolosità bassa ma senza precipitazioni (rain free base).




Nella supercella classica quindi possiamo dire che le precipitazioni piovose e grandigene sono concentrane in corrispondenza della sua parte anteriore, rispetto al senso di avanzamento del fronte temporalesco, per poi curvare ad uncino (le trombe d’aria solitamente nascono in corrispondenza dell’estremità ricurva dell’uncino) restringendosi ed attenuandosi fino ad esaurirsi nella sua parte posteriore. Il cosiddetto “eco ad uncino” visibile sui racciati radar è la rappresentazione visiva del mesociclone attorno al quale le bande di pioggia si muovono a spirale. Un osservatore posto sulla traiettoria della Supercella verrà raggiunto prima dai rovesci di pioggia che si faranno sempre più intensi, seguiti da una precipitazione di grandine, che inizierà con chicchi di piccole dimensioni per trasformarsi in chicchi di media o grande dimensione, dietro la quale si avrà la formazione di una Tail Cloud, di una Wall Cloud e dall’eventuale tromba d’aria ad essa associata.

Dietro l’eventuale tromba d’aria transiterà la base turbolenta della Supercella (flanking line) libera dalle precipitazioni (rain free base) ma con attività elettrica continua che lascerà spazio a cielo quasi completamente sereno attraverso il quale si potrà osservare la maestosità dell’immensa torre del cumulonembo, formata da nubi "Mammatus", che si allontanerà controvento.

La temperatura sarà diminuita di alcuni gradi centigradi a testimonianza della grande quantità di aria fredda che dagli strati intermedi della troposfera ha raggiunto il suolo contribuendo all’alimentazione del sistema in rotazione (mesociclone).

Per capire meglio il discorso dei quadranti occorre tracciare un vettore con freccia rivolta verso est (indicherà anche la direzione dello spostamento) e passante per il centro della Supercella. Tracciando poi una retta perpendicolare al vettore e sempre passante per il centro della Supercella otterremo quattro quadranti come se fosse un sistema di assi cartesiani. Immaginando di stare in piedi al centro della Supercella, dove si incrociano le due rette con la faccia rivolta verso est (direzione dello spostamento), avremo che i quadranti anteriori saranno quelli posti davanti a noi, quelli posteriori alle nostre spalle, i quadranti destri alla nostra destra e quelli sinistri alla nostra sinistra. Nel caso specifico avremo che l’anteriore sinistro=NE, l’anteriore destro=SE, il posteriore sinistro=NW e il posteriore destro=SW.


All’interno della supercella, come abbiamo descritto in precedenza, i vari tipi di precipitazione quali la pioggia debole e moderata, i rovesci, la grandine con chicchi di piccola, media e grande dimensione sono ben distinti fra di loro.

La Forward Flank Downdraft (FFD) è la regione disposta nel settore orientale (parte avanzante) della supercella in cui risiedono le principale correnti discensionali (downdraft e downburst) e la stragrande maggioranza delle precipitazioni.

La Rear Flank Downdraft (RFD) è la regione in cui risiede l’aria più calda e secca subsidente, posta dietro al mesociclone (a sud ovest rispetto all'eventuale wall cloud o anche attorno alla stessa nube a muro), ed evidenziata dalla clear slot, una porzione di cielo con ridotta copertura nuvolosa e più luce (dietro e/o attorno alla wall cloud), che indica l'intrusione di aria più secca. Le precipitazioni piovose o grandigene che cadono nella zona compresa fra la clear slot e la wall cloud sono rappresentate sul tracciato radar come un eco ad uncino che tradisce la presenza di un mesociclone cioè un sistema frontale in piccola scala in cui si distinguono un fronte caldo ed un fronte freddo:

il Pseudo Warm Front (pseudo fronte caldo) è la linea di demarcazione fra la regione in cui l'aria affluisce all’interno della supercella (inflow) e il FFD. Il Pseudo Warm Front si estende dal centro, o comunque dalle vicinanze del mesociclone, verso l’esterno in direzione orientale.

il Pseudo Cold Front (pseudo fronte freddo) è la linea di demarcazione tra la regione in cui l'aria affluisce all’interno della supercella (inflow) e il RFD. Il Pseudo Cold Front si estende dal centro, o comunque dalle vicinanze del mesociclone, verso l’esterno in direzione meridionale o sud occidentale ed è caratterizzato dall'avanzata dell'outflow verso la regione occupata dell'inflow. Il contrasto fra le due correnti discendente ed ascendente spesso provoca la formazione della flanking line. Lo Pseudo Cold Front è una particolare forma di gust front che sostiene l'updraft principale incrementando la convergenza di differenti masse d'aria verso il mesociclone.

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Rappresentazione schematica tridimensionale di una Supercella in cui il mesociclone (sottile cilindro centrale all'updraft) è completamente formato. In una Supercella in evoluzione questo stadio rappresenta un picco di intensità ed il temporaneo bilanciamento fra l'updraft ed il downdraft.

La vita di una Supercella è nell’ordine delle ore e la sua velocità di spostamento è compresa fra i 40 e gli 80 Km/h. La Supercella classica è l’evoluzione di una delle tre strutture temporalesche fondamentali e cioè può nascere e svilupparsi da una cella singola, da un Cluster di multicelle o da una Squall Line (temporale a multicella).

Le principali caratteristiche di una Supercella Classica sono:

  1) correnti ascensionali (updraft) con velocità stimate fra 240 e 280 km/h

  2) downburst con velocità superiori ai 130 km/h

  3) diametro dei chicchi di grandine anche superiore a 5 cm

  4) base con larghezza compresa fra 20 e 50 km ma con l’incudine enorme




Esiste poi la possibilità che si formino Supercelle in miniatura, chiamate per questo motivo Low Topped o Mini Supercell, in grado di produrre forte maltempo anche se le loro dimensioni sono ridotte sia in senso orizzontale che in senso verticale (la loro sommità non supera di norma i 10.000 metri). La visualizzazione sul tracciato radar è la stessa delle Supercelle Classiche, incluso l’eco ad uncino, ed al loro interno hanno un mesociclone avente un diametro minore ed una velocità di rotazione più bassa.


Come riconoscere una supercella

Il riconoscimento di una Supercella classica può essere effettuato in tre differenti modi in base alla propria esperienza ed ai mezzi che si hanno a disposizione al momento dell’analisi e cioè: con un osservazione visiva diretta del fenomeno, per mezzo di immagini satellitari oppure attraverso un tracciato radar.

La Supercella classica è un'enorme cella temporalesca all’interno della quale troviamo correnti ascendenti (updraft) e correnti discendenti (downdraft o downburst) estese su una scala molto più vasta rispetto ad una cella temporalesca singola. Inoltre la corrente ascendente, all’interno di una Supercella, è dotata di un moto rotatorio (mesociclone) che conferisce a questo tipo di temporale una caratteristica molto particolare utile per giungere alla sua individuazione. L’assenza del moto rotatorio da parte della corrente ascendente non fa più parlare di supercella classica ma di celle temporalesche comuni quali la cella singola, i cluster di multicelle o linea di multicelle (Squall line).

1) osservazione visiva diretta

    a) una Supercella ha enorme base avanzante, solitamente preceduta da una Shelf cloud, provvista di moto rotatorio antiorario se ci si trova nell'emisfero terrestre nord, orario se ci si trova nell’emisfero terrestre sud.

    b) nella parte posteriore della base del cumulonembo possiamo notare lo sviluppo di una nube a muro (Wall Cloud) che precede l’eventuale formazione di una tromba d’aria.

    c) sulla parte superiore, oltre l’incudine del cumulonembo, è visibile una grossa e persistente Overshooting Top (cupola).

    d) sulla parte inferiore dei fianchi del cumulonembo, oppure sul bordo anteriore della Shelf Cloud, si possono notare delle striature dovute alla rotazione delle correnti ascendenti all’interno della Supercella.

    e) molto raramente si possono osservare anche delle bande nuvolose (inflow band) più o meno compatte e regolari, eventualmente saldate alla base del cumulonembo e disposte con inclinazione variabile rispetto al terreno a seconda del grado di umidità presente all’interno dell’inflow. Le inflow band solitamente si dirigono all’interno del temporale.

    f) le bande di precipitazione sono molto fitte e non sono disposte in linea.

2) osservazione dal satellite

Attraverso l’immagine inviata da un satellite polare è facilmente individuabile l’Overshooting Top (cupola) che riesce a sfondare, con la sua sommità, oltre la troposfera proiettando la propria ombra sull’incudine e sulle formazioni nuvolosi circostanti. Se si ha a disposizione solamente l'immagine di un satellite geostazionario, ad esempio il Meteosat, noteremo la forma rotondeggiante dell’Overshooting Top (cupola) ed attraverso un’animazione potremo vedere la direzione della Supercella, non sempre coerente con la direzione dominante delle correnti in quota. Quindi possiamo dire che:

    a) in un’immagine all’infrarosso di un satellite geostazionario una Supercella classica appare di coloro bianco acceso rispetto alle altre formazioni nuvolose.

    b) in un’immagine da un satellite polare possiamo individuare l’ombra che l'overshooting top proietta sulla superficie dell'incudine.

    c) raramente può comparire una corona di nubi sulla parte occidentale della Supercella.

    d) in un’animazione potremo notare che la Supercella, poiché ruota, non segue la direzione dominante degli altri corpi nuvolosi ma generalmente tende a deviare verso sinistra se le correnti dominanti nella media troposfera sono occidentali.

    e) In un immagine dal satellite, quindi vista dall’alto, la forma di una Supercella è tondeggiante o ellittica ma mai di forma lineare. In quest’ultimo caso potremmo trovarci di fronte ad un forte temporale ad asse obliquo, quindi di forma allungata, ma non ad una Supercella.

D’altro canto però la forma circolare o ellittica, vista dal satellite, potrebbe trarre in inganno facendoci scambiare un normale temporale a cella singola per una Supercella. Infatti tutte le incudini, raggiunta la tropopausa, arrestano la loro espansione verticale favorendo la dispersione orizzontale che dona all’ammasso nuvoloso un aspetto rotondeggiante.

3) osservazione al radar. In un immagine da tracciato radar le Supercelle classiche si riconoscono innanzitutto per:

    a) la notevole estensione su una vasta area geografica.

    b) la forma rotondeggiante della massa nuvolosa.

    c) la presenza di fasce concentriche, all’interno della cella temporalesca, con riflettività a fondo scala.

    d) la massa nuvolosa è compatta e le precipitazioni sono intense, a differenza delle formazioni multicellari a grappolo fra le quali ci sono brevi spazi con assenza o precipitazioni deboli.

    e) la presenza di un eco ad uncino, più o meno definito, nei pressi del quale ritroviamo un’area di precipitazioni fortissime con riflettività a fondo scala.

    f) nella sua fase embrionale una Supercella può essere mostrata dal tracciato radar come un temporale ad asse obliquo e cioè con una lunga area a bassa riflettività (incudine) ed un nucleo di forti precipitazioni (embrione di un mesociclone).

    g) se si ha a disposizione un’immagine in movimento anche attraverso il tracciato radar si può individuare la traiettoria della Supercella.

Flanking line La flanking line è una linea di cumuli medi e cumuli congesti connessi alla parte più attiva di una supercella o comunque di un temporale anche se non mesociclonico. La flanking line si estende verso l'esterno del nucleo principale del temporale, in direzione Sud- Sudovest, assumendo un aspetto a gradini con i cumuli congesti più alti che gradualmente diminuiscono in altezza, con l'aumentare della distanza dal centro del sistema temporalesco, in quanto l'outflow diventa sempre più debole e l'aria calda sale sempre meno in altezza. La flanking line si sviluppa secondo la genesi di un temporale a multicella in cui le torri si formano una davanti all'altra grazie alle precipitazioni ed alle correnti discensionali della cella temporalesca matura precedente. In un temporale mesociclonico le nubi che compongono al flanking line tendono ad essere risucchiate all'interno del nucleo principale mentre in un temporale con caratteristiche non mesocicloniche la flanking line tende a viaggiare ai lati del nucleo più intenso. La flanking line, come detto, viene risucchiata dalla cella temporalesca madre che verrà rigenerata dagli stessi cumuli ormai maturi. La flanking line nella supercella generalmente coincide con lo pseudo cold front e non indica necessariamente la presenza di forti updrafts ma dimostra una buona organizzazione del sistema temporalesco che riesce ad estendere la propria influenza su una vasta area. In particolari condizioni la flanking line può generare temporali indipendenti dalla cella madre. Sull'immagine di un satellite la flanking line appare come una virgola di color bianco brillante che esce dalla parete meridionale del temporale. Essendo formata, a volte, da cumulonembi o grossi cumuli congesti, la flanking line può essere visualizzata anche sui tracciati radar relativi all'intensità delle precipitazione e generalmente, muovendosi verso sud est potrebbe trarre in inganno perché la cella temporalesca madre potrebbe muoversi verso est- nord est. Infatti la particolarità di questa formazione multicellulare è dovuta al fatto che include contemporaneamente tre movimenti:
1) movimento dell'updraft lungo l'asse di sviluppo, solitamente nord est verso sudovest, a causa della rigenerazione
2) risucchio più o meno accentuato ad opera dalla cella madre
3) movimento della flanking line verso sud est se la cella madre si sposta verso est o nord est.
Per elaborare una previsione affidabile dello spostamento della Supercella occorre concentrare la propria attenzione sul movimento della rain free base più vicina alla zona delle precipitazioni. La rain free base occupa la parte meridionale del sistema temporalesco in cui non si verificano precipitazioni (essendo una zona con forti correnti ascensionali)  e coincide con la base scura ed orizzontale della flanking line.

La Squall line, conosciuta anche come linea di groppo, è l'originaria denominazione del fronte freddo e consiste in una stretta e lunga fascia di temporali con un continuo e ben sviluppato Gust front sul bordo principale della linea.

Il Gust front, avanzando verso est, irrompe con potenti outflow e forma una piccola cella di alta pressione chiamata mesohigh larga 20-30 km. Durante il suo percorso l'aria densa e più fredda solleva l'aria calda ed umida residente al suolo iniziando così un ampliamento, per convezione complessa, in cui celle fra loro vicine si consolidano in una torreggiante Squall line formata da larghi temporali allineati secondo la direzione del vento dominante. La convezione complessa libera un'enorme quantità di calore latente e di umidità in grado di generare un mesociclone a cuore caldo che può perdurare per parecchi giorni. La Squall line si sviluppa sulla linea di separazione fra l'aria calda ed umida presente al suolo e l'aria più fredda e pesante spinta da un fronte freddo posizionato ad una distanza compresa fra i 100 ed i 300 Km. L'Aria fredda e secca solleva l'aria calda ed umida andando a formare un una serie di cumulonembi allineati e disposti parallelamente rispetto al fronte freddo avanzante. Tutto questo accade quando il cuneo di aria fredda è ben definito e relativamente giovane mentre nel caso in cui il fronte freddo è in frontolisi o è un fronte freddo secondario la disposizione dei cumolonembi assume una linearità molto meno netta. In genere in una Squall line il downdraft si colloca subito dietro all'updraft per cui è frequente osservare, nella zona di contatto di queste due correnti, un'imponente shelf cloud, soprattutto nei mesi estivi, prodotta dall'aria fredda discendente che porta a condensare parte del vapore acqueo contenuto nella corrente ascendente. La Shelf cloud rimarrà adiacente alla base dei cumulonembi muovendosi con essi. Il passaggio di una Squall line è sempre seguito da un repentino aumento della pressione atmosferica, da un considerevole aumento della visibilità e da un consistente calo termico. La formazione di una Squall line è prerogativa del passaggio di un fronte freddo nei mesi più caldi dell'anno anche se non è da escludere una sua nascita durante il passaggio di un fronte freddo particolarmente intenso nei mesi autunnali o invernali. Naturalmente in quest'ultimo caso non si formeranno celle temporalesche.

Al transito di una Squall line si hanno dapprima venti molto forti (Gust front) che precedono il bordo attivo del sistema formato da rovesci di pioggia e grandine (le precipitazioni più intense si hanno dietro l'updraft) seguiti da una vasta area di nubi stratiformi dalla quale può cadere una leggera pioggia. Durante il transito nelle ore diurne una Squall line appare come un alto muro di nubi avanzanti con cirri e falsi cirri posizionati davanti ai Cumulonembi. Lo sviluppo delle celle temporalesche avviene nell'estremità Sud della linea, la parte centrale è occupata da un'enorme incudine che si estende davanti ai corpi verticali dei cumulonembi, mentre il dissolvimento delle celle risiede nell'estremità nord. Una Squall line può provocare precipitazioni grandigene con chicchi di medie o grandi dimensioni, deboli tornado (tromba d'aria), eventuali alluvioni lampo nel caso in cui le celle temporalesche che la compongono sono stazionarie o molto lente ed i downburst quando si formano in un ambiente con forti venti alle quote medie. Può capitare che un downburst estremamente intenso acceleri una porzione della Squall line portandola davanti al resto della linea producendo un bow echo (un eco lineare ma curvato verso l'esterno a forma di arco) individuabile da un tracciato radar ma impossibile da osservare visivamente. I venti più intensi generalmente interessano il centro del bow echo e sul suo fronte settentrionale potrebbe addirittura svilupparsi un debole tornado. Anche dalle celle temporalesche più intense, posizionate a sud o sud ovest della Squall line, potrebbero generarsi delle trombe d'aria perchè essendo in una zona in cui l'aria al suolo è calda e molto ricca di umidità, crescono molto e tendono ad assumere le caratteristiche di una supercella. La lunghezza di una Squall line è molto variabile ma sempre nell'ordine delle centinaia di chilometri e si sviluppano in un canale prefrontale parallelo (solitamente secondo un asse nord-sud) al fronte feddo avanzante e precedendone l'arrivo ad una distanza compresa fra 100 e 300 chilometri. La larghezza della Squall line può variare da un minimo di 20 ad un massimo di 50 chilometri. La velocità di spostamento di una Squall line è nell'ordine dei 25 nodi cioè circa 45 chilometri orari.

Il Downburst altro non è che un forte downdraft, ovvero una colonna d'aria fredda che in rapida discesa impatta al suolo più o meno perpendicolarmente e che si espande orizzontalmente (divergenza) in tutte le direzioni. La violenta espansione, paragonabile ad un improvviso scoppio (burst), spesso produce un vortice rotante, o un anello, all’interno del quale si sviluppano dei venti molto ravvicinati che hanno un’elevata velocità e direzioni opposte. In un Downburst ritroviamo entrambi i tipi di wind shear:verticale e cioè la rapida variazione di velocità ed intensità del vento in linea verticale; orizzontale e cioè la rapida variazione di velocità ed intensità del vento in linea orizzontale. Il Downburst trae origine da un updraft che scendendo lungo la nube temporalesca viene ulteriormente raffreddato ed accelerato dalle forti precipitazioni in atto. Quando la massa d’aria giunge a contatto con il suolo riceve un’ulteriore accelerazione e diverge dal punto di impatto dando vita a venti con intensità e direzione molto diverse (wind shear). La causa principale di un Downburst è lo scompenso barico (pressione atmosferica più alta all’interno della nube) dovuto al gradiente termico fra la nube temporalesca carica di pioggia (bassa temperatura) e la massa d’aria circostante più calda. La pressione atmosferica più alta all’interno della nube induce un flusso di aria verso l’esterno della stessa per bilanciare i valori pressori. Questi Downburst, essendo associati a rovesci di pioggia o grandine, vengono chiamati Wet Downburst e visivamente sono facilmente individuabili grazie alle bande di precipitazione di grandine o di pioggia (hail curtain o rain curtain) in caduta dalla base del cumulonembo. I Downburst secchi (Dry Downburst) si manifestano senza precipitazioni e per questo motivo sono identificabili solo attraverso la formazione di virga (precipitazioni che attraversando strati di aria secca evaporano prima di cadere al suolo) e dal sollevamento di polvere una volta raggiunto il terreno. Se la base del cumulonembo si sviluppa ad una quota relativamente alta significa che siamo in presenza di scarsa umidità ambientale, scarse precipitazioni e forti downdraft quindi la probabilità che si formi un Dry downburst è molto elevata. La presenza di aria molto secca alla base di una nube temporalesca induce la colonna di pioggia in caduta ad evaporare e come conseguenza si avrà il raffreddamento della massa d’aria stessa che appesantita accelererà la sua caduta divergendo a contatto con il suolo. Se invece la base del cumulonembo si sviluppa ad una quota relativamente bassa significa che siamo in presenza di molta umidità, abbondanti precipitazioni e deboli downdraft quindi è molto più probabile che si formi un Wet Downburst piuttosto che un Dry Downburst. I Wet Downburst traggono origine dall'entrata di aria più secca all'interno di una nube temporalesca provocando una parziale evaporazione della pioggia, quindi il raffreddamento ed il conseguente appesantimento dell’aria che dall’interno della nube precipiterà al suolo assieme alla pioggia.

Il Downburst solitamente è più forte sul bordo avanzante della cella temporalesca. Le raffiche che si sviluppano possono causare seri danni alla vegetazione ed alle strutture dei centri urbani tanto da poter essere confusi con quelli provocati da un tornado. Il Downburst si differenzia da un tornado essenzialmente perché: può verificarsi anche durante temporali poco intensi e non accompagnati da attività elettrica; al livello del suolo produce venti in linea diretta e non accompagnati da moti rotatori. In base al loro raggio di azione i Downburst si dividono in:

1) microburst. E’ un Downburst su piccola scala in cui il vento divergente (radiale) interessa un'area orizzontale non più larga di 4 chilometri. Spesso è più forte del macroburst e se è intenso può persistere anche per una decina di minuti ed i suoi venti possono raggiungere una velocità di 75 m/s (270 km/h). I microbursts si sviluppano con più frequenza nelle semplici celle convettive (temporale a cella singola).

2) macroburst. E’ un Downburst in larga scala in cui il vento divergente (radiale) si espande orizzontalmente per oltre 4 km di larghezza. Può essere prodotto da più downdrafts e persistere anche per trenta minuti raggiungendo velocità nell’ordine dei 60 m/s (215 km/h) anche se solitamente la loro durata non supera i cinque minuti.

Per Wind Shear si intendono le variazioni brusche della velocità e della direzione del vento sull'asse verticale e orizzontale pericolose per la navigazione aerea a bassa quota specie durante gli atterraggi ed i decolli. Il wind-shear è causato dal moto di masse d’ aria con differente velocità che vengono a contatto tra loro ovvero da diverse accelerazioni di masse d’aria vicine; l’orografia del sito può essere determinante. Le sorgenti significative del wind-shear sono principalmente tre:

    1) correnti d’ aria a basso livello (low level jet)

    2) zone frontali di transizione a scala sinottica (synoptic scale frontal zone)

    3) raffiche da fronti temporaleschi (thunderstorm gust from).

Nella figura riportata in basso è evidenziata la brusca variazione della direzione del vento con l'aumentare dell'altezza. Guardando verso nord la direzione del vento al suolo è orientata da Sud Est verso Nord Ovest. Man mano che si sale di quota la direzione del vento cambia ruotando in senso orario creando una rotazione lungo l'asse verticale. La velocità del vento, aumentando man mano che si sale di quota, contribuisce a creare una rotazione cilindrica rispetto all'asse orizzontale come evidenziato nella seconda figura.

La combinazione simultanea delle due rotazioni, secondo l'asse verticale e secondo quello orizzontale, assieme ad altri particolari condizioni ambientali sono alla base della formazione dei tornado (trombe d'aria) all'interno dei quali si sviluppa una corrente ascensionale a vite.



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